Internet delle cose e social network geolocalizzati
In che modo è possibile sfruttare social network geolocalizzati come Foursquare per creare una internet delle cose fai-da-te e arricchire la user experience in luoghi fisici?
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Perché. Qual è il nesso fra internet delle cose e user experience
“O Giglio-Tigre” disse Alice, rivolgendosi a un fiore di quella specie che si lasciava mollemente dondolare nel vento. “Che bello sarebbe se tu potessi parlare!” (Carroll, Attraverso lo specchio).
Quante volte ci siamo smarriti in un ospedale cercando un ambulatorio? Quante volte ci sarebbe piaciuto visitare una città potendo scegliere un tema specifico? Per questi problemi sono state fornite nel tempo varie soluzioni, ma che succederebbe se oggetti e luoghi potessero parlare?
Fuoriuscito dallo spazio ristretto dello schermo, il web si sta diffondendo in un insieme sempre più ampio di oggetti quotidiani: la compenetrazione tra atomi e bit (augmented reality, ubiquitous computing) permette un’interazione arricchita con l’ambiente che ci circonda, dà voce alle nostre relazioni con i luoghi e gli oggetti che ci circondano, che divengono così storie documentabili e manipolabili in tempo reale.
Come. Creare una internet delle cose dal basso (senza RFId e simili)
Per creare una internet delle cose, si possono seguire due approcci.
- Un approccio top-down, che associa in modo sistematico a oggetti o luoghi identificatori elettronici univoci (QR code, RFId e simili) capaci di trasmettere o ricevere informazioni.
- Un approccio bottom-up, che sfrutta la cosiddetta ombra d’informazione che oggetti e luoghi proiettano sul web attraverso l’attività spontanea degli utenti (le foto che carichiamo su Flickr, le schede dei libri su Amazon o aNobii, e più in generale tutte le tracce delle nostre interazioni con luoghi e persone che lasciamo in rete).
In internet esiste un’enorme quantità di contenuti generati dagli utenti per quasi tutti i prodotti. Quasi ogni cosa è stata recensita, discussa, fotografata […]. Prima dell’avvento di internet, poco di questa vita sociale era disponibile; ora ce n’è una marea.
Le informazioni digitali relative a un oggetto possono essere chiamate la sua ombra d’informazione (information shadow). Quasi tutti gli oggetti creati industrialmente hanno ombre ricche d’informazione, anche se queste ombre sono invisibili ai loro proprietari e utenti. […]
Gli oggetti quotidiani sono stati separati per lungo tempo dalla loro ombra d’informazione, come Peter Pan dalla sua vera ombra. La difficoltà di trovare, organizzare e accedere a queste informazioni ha mantenuto divisi il mondo degli oggetti dal mondo delle ombre d’informazione. […]
Per i consumatori, l’internet degli oggetti restituisce all’oggetto la sua ombra d’informazione, così come Wendy fa con l’ombra di Peter Pan (Mike Kuniavsky, Smart Things: Ubiquitous Computing User Experience Design, pp. 71-73).
Il nostro progetto segue questa seconda logica. In modo simile ad applicazioni come Wikitude o Layar, i social network georeferenziati costituiscono uno strato informativo digitale che è possibile sovrapporre al mondo fisico per consentire un’interazione arricchita fra persone e ambiente. La geolocalizzazione è l’anello che permette di legare in modo univoco i luoghi e la loro relativa ombra digitale. Le persone fanno il resto.
Man mano che l’ombra dell’informazione diventa più fitta e consistente, la necessità di metadati espliciti diminuisce. Le nostre fotocamere, i nostri microfoni, stanno diventando gli occhi e le orecchie del web, i sensori di prossimità la sua propriocezione, il GPS il sua senso della posizione. In effetti, il bambino sta crescendo. Stiamo incontrando internet, e internet siamo noi. […] Man mano che il nostro mondo sarà sempre più sensore-abilitato, ci saranno rivelazioni sorprendenti su quanto significato, e valore, si possa estrarre dai flussi di dati generati dai sensori (O’Reilly & Battelle, What Is Web 2.0. Design Patterns and Business Models for the Next Generation of Software).
Case study
Attraverso un case study relativo alla città di Bologna, abbiamo mostrato come sia possibile progettare esperienze aumentate sfruttando social network georeferenziati – nella fattispecie, Foursquare. Per esperienze aumentate intendiamo:
- ricevere o costruire percorsi su misura (ad es. guide tematiche alla città, tour enogastronomici, itinerari in base al tempo disponibile)
- ottenere approfondimenti su luoghi, edifici, monumenti
- ricevere suggerimenti su misura (es. se ti interessa x allora ti può interessare anche…; altri edifici dello stesso periodo o artista o appartenenti allo stesso percorso tematico ecc.).
In questa prospettiva, Foursquare fornisce un framework già pronto all’uso per costruire un ecosistema fisico-digitale, con indubbi vantaggi:
- molte persone sono già presenti nel social network
- non occorrono dispositivi o applicazioni ad hoc (se non il proprio telefono)
- bassi costi (quelli della personalizzazione di una piattaforma gratuita già esistente).
L’articolo è la sintesi dell’intervento che Francesca Fabbri, Andrea Resmini e io abbiamo presentato a Better Software 2011.
Per approfondire
- Kuniavsky, Smart Things: Ubiquitous Computing User Experience Design, Morgan Kaufmann 2010
- MIT. Senseable City Laboratory
- Resmini & Rosati, Pervasive Information Architecture: Designing Cross-Channel User Experiences, Morgan Kaufmann, 2011