Architettura dell’informazione della città

La città è un'architettura di informazione prima ancora che un'architettura di edifici, un sistema che elabora, scambia e reagisce alle informazioni, e che si comporta a tutti gli effetti come un sistema complesso.

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La città come sistema informativo

La città è un sistema complesso fatto di nodi e connessioni, atomi e bit: in questo senso la città elabora informazioni piuttosto che farle semplicemente circolare.

le reti informative forniscono una base per comprendere le città viventi […] una città funziona più come il cervello umano che come un computer. In quanto sistema complesso, la città definisce euristicamente la propria funzionalità modificando le connessioni, in modo da ottimizzare il modo in cui le componenti interagiscono fra loro. […] Questa analisi sposta l’attenzione dello studio delle città dalla struttura fisica al flusso di informazioni.

[…] una città elabora informazioni piuttosto che limitarsi a farle circolare (Andrew Coward e Nikos Salingaros, The Information Architecture of Cities).

La città come testo, racconto, esperienza

Se l’architettura dell’informazione non riguarda soltanto il web ma tutti gli spazi informativi, allora anche la città può essere analizzata e progettata come un’architettura informativa. Leggere la città in questi termini permette appunto di focalizzarsi sull’idea di città come elaboratore di informazioni, esaltandone la dimensione relazionale e dinamica.

Come? Indagando i flussi di informazione che avvengono fra i nodi del grafo-città, quei “miliardi e miliardi di traiettorie” che per Bruce Sterling definiscono “le microstorie delle persone in relazione agli oggetti”. Rendere visibili queste microstorie significa comprendere le interazioni che avvengono nel tessuto urbano ai vari livelli di profondità.

Resilienza: un tema chiave

La resilienza è la capacità di un’architettura informativa di adattarsi a:

  1. differenti tipologie di pubblico
  2. differenti obiettivi
  3. differenti strategie di ricerca dell’informazione.

Se la città è un sistema di nodi e connessioni (paths), allora possiamo agire soprattutto su questi ultimi per rendere la città flessibile. In realtà, anche i nodi (edifici, piazze ecc.) si modificano nel tempo, ma molto più lentamente rispetto ai percorsi — ci spiega la pace layering theory.

E quindi l’idea è quella di monitorare, registrare e sfruttare le interazioni fra l’uomo e la città (i paths, appunto) per consentire alla città stessa di rispondere, modellarsi in tempo reale sulla base di queste sollecitazioni (adattando i paths medesimi, o rendendone disponibili di alternativi). Le microstorie delle persone in relazione agli oggetti di cui parla Sterling diventano così il sistema nervoso della smart city, ciò che effettivamente la rende senziente (sentient). I modi per raccogliere queste storie possono essere vari: dall’internet of things tramite RFId o altro tipo di sensori al GPS, dai social network georeferenziati all’information shadow.

Ciò non significa abbandonare ogni altro sistema di pianificazione dall’alto di tipo più tradizionale in favore di automatismi governati interamente da algoritmi. Significa invece bilanciare, correggere e integrare gli schemi progettati dall’alto (top-down) sulle logiche spontanee che emergono dal basso (bottom-up). Significa in una parola co-design e flessibilità: la città si adatta e si autoripara come un tessuto vivo; da ambiente read-only evolve in ambiente read-write (Lawrence Lessig, Remix).

Il nostro ambito operativo sono i luoghi in cui sia il tessuto urbano nel suo complesso, sia gli oggetti discreti al suo interno, sono stati dotati della capacità di raccogliere, elaborare, visualizzare, trasmettere, ricevere, archiviare e agire sulle informazioni (Urbanscale).

Progetti

  • Il SENSEable City Laboratory del Massachusetts Institute of Technology è una delle iniziative di sentient city di più lungo corso: dal 2004 ad oggi ha prodotto molti progetti fra cui Real Time Rome, Real Time Copenhagen, Live Singapore
  • Stanza, che si muove fra arte e urbanistica, “visual artworks informed by critical analysis of city spaces”; fra i progetti più affascinanti c’è Sensity
  • Urban Experience, progetto tutto italiano di performing storytelling, dove “la narrazione partecipata è inscritta nell’azione ‘aumentata’ dall’uso dei media”.

Ce ne sono molti altri, difficile dar conto di tutti: qui ho cercato di indicare i più rappresentativi. Con l’intento di sottolineare la natura ibrida di queste iniziative, che spaziano dall’installazione artistica all’architettura in senso stretto, dall’urbanistica all’information design.

Finale letterario

Il Gran Kan possiede un atlante in cui sono raccolte le mappe di tutte le città. Nelle ultime carte dell’atlante si diluivano reticoli senza principio né fine, città a forma di Los Angeles, a forma di Kyoto-Osaka, senza forma (Calvino, Le città invisibili).

Articoli e siti web


Di architettura dell’informazione della città ho parlato, insieme ad Andrea Resmini, al Summit europeo di architettura dell’informazione. Di seguito, la presentazione.